Ilaria Porciani La Biblioteca Marino Raicich

Ilaria Porciani
La biblioteca di Marino Raicich

Marino Raicich amava molto le biblioteche pubbliche, che avrebbe voluto aperte  a lungo, fino a notte, e davvero disponibili a tutti anche dopo l’uscita dal lavoro, come non mancò di scrivere in alcuni acuti interventi pubblici in anni in cui – almeno in Italia – alle aperture serali davvero non si pensava e le biblioteche di facoltà aperte fino a tardi – come a Siena –  o un grande e godibile spazio di lettura come la Sala borsa di Bologna erano impensabili. Eppure, non le frequentava molto. Preferiva lavorare nella sua biblioteca privata, con la musica classica in sottofondo, circondato dal fumo azzurrino dell’immancabile Gauloise. Una parte consistente di questa biblioteca – quella che ripercorre i nuclei tematici forti del suo pionieristico lavoro – è da tempo disponibile al pubblico presso la Biblioteca della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Siena. Conservata in un locale a parte,  non ha perduto la sua identità, la sua unità e il suo significato. Oggi, con questo catalogo, la sua mappa e il suo disegno diventano ancora più visibili, e costituiscono, Marino Raicich studioso, un ritratto e quasi un calco.
Per chi a questa biblioteca ha avuto accesso da sempre ripercorrerne il catalogo significa ricordare gli acquisti quasi quotidiani che Raicich faceva soprattutto sulle bancarelle e nelle librerie antiquarie: frammenti di altre biblioteche ottocentesche disperse nel tempo tornando ad alimentare un filone preciso tornavano vive.
I volumi non ne costituivano il solo pregio. La biblioteca di Raicich conteneva anche un’altra ricchezza. Vi abbondavano le miscellanee, la cui schedatura non è stata ancora compiuta e di cui quindi sarà pubblicato un inventario il seguito. Anch’esse fanno parte del fondo donato alla biblioteca della Facoltà di lettere di Siena. Il lettore lo sappia, nei contenitori di aspetto un po’ ottocentesco, color bordeaux, ci sono piccoli tesori, opuscoli rari non per il pregio intrinseco ma perché ormai quasi introvabili, come in genere accade alla letteratura grigia. Si tratta di testi che commemorano i singoli istituti in occasione di ricorrenze celebrative,  o di frammenti preziosi di un dibattito che usciva dal parlamento per entrare nei percorsi vitali della sfera pubblica nazionale o cittadina per il tramite di conferenze e interventi su giornali minori o più noti, che poi venivano pubblicati a parte. Chi studi la storia dell’istruzione e della cultura – ma anche quella dell’amministrazione e della sociabilità – sa quanto è importante disporre, in un solo luogo, di tanto materiale altrimenti così difficile persino da individuare. Marino Raicich lo aveva fatto con curiosità e con pazienza nel corso di anni. Sono ora e qui a disposizione dei ricercatori tanti opuscoli celebrativi il cui destino quasi inevitabile è la dispersione in canali affatto locali: nelle case degli amici dell’autore o degli ex allievi di una scuola,  quando non si arenano – non succede di rado – negli scatoloni polverosi degli enti pubblici che li hanno finanziati e che non sono in grado di curarne lo smercio.
Proprio la dimensione locale,  particolare, il nesso tra la vita di una città o di un paese, tra l’articolazione sociale e l’istituzione scolastica era uno dei poli dell’interesse di Raicich. In quegli anni, era una pista davvero non consueta. Ricordo i suoi lunghi commenti a libriccini di cui a prima vista mi era difficile cogliere il significato, e che assumevano senso non appena li metteva in relazione con contesti specifici che rispecchiavano la multivocalità delle tante Italie, i rapporti di forza locali, gli interessi e i gruppi di pressione, i progetti educativi o pedagogici di ordini religiosi, di scuole private, o ancora dei padri di famiglia, come allora si diceva. Tante di queste pubblicazioni, quando prendevano la forma di un volumetto e andavano oltre l’esiguità dell’opuscolo, sono registrate in questo catalogo.
Il filone dell’indagine sul locale si integrava in modo assai costruttivo con quello della dimensione internazionale della ricerca. I cataloghi degli editori francesi erano sempre sul suo tavolo e i frequenti viaggi a Parigi o le immancabili ordinazioni dal fiorentino Salimbeni o dai librai romani facevano sì che – in tempi in cui la comparazione non era così ovvia, meno che mai  in materia di storia della scuola – gli ultimi risultati della riflessione dell’Institut National de la Recherche Pédagogique o i volumi appena usciti dalle Editions de minuit come quello di Grignon sulla funzione sociale dell’insegnamento tecnico, o ancora i lavori di Christophe Charle sulla prosopografica dell’insegnamento superiore arrivassero sul suo tavolo freschi di stampa. La classe ininterrompue di Ozouf, L’enfance et la jeunesse dans la société française di Crubellier entravano in casa di Marino Raicich poco dopo essere comparsi sui banconi delle librerie intorno alla Sorbona. Ma non c’è solo la Francia: come il lettore può constatare ci sono anche molti saggi sulla Germania, a partira da quello di Norbert Weber sulla disuguaglianza nella istruzione nella Repubblica Federale Tedesca.
Le lingue con le quali Raicich aveva dimestichezza erano il francese – che parlava correntemente – e il tedesco, che leggeva da sempre, lui con lo sguardo spesso rivolto a Trieste. Il mondo anglosassone è qui invece un’assenza, ma più per una scarsa confidenza linguistica che per una mancanza di interesse, se troviamo il volume curato da Stone sull’Università nella società e Una scuola elementare a New York: documenti didattici della scuola Horace Mann nella traduzione italiana del 1924, o altri studi in francese, come L’Education en Angleterre di Pierre de Coubertin.
Infine, non mancava un’attenzione costante per la dimensione politica della questione scolastica alla quale Riacich aveva dedicato buona parte dell’attività di parlamentare, come si evince anche dal testo integrale della relazione sulla proposta di legge presentata alla Camera dai deputati comunisti e pubblicata nel 1973, presente in questo fondo. Questa dimensione politica ha costituito per lui il terreno più solido di riflessione, come si vede dai suoi saggi, per nulla invecchiati, che si radicano in una lunga esperienza concreta e prendono le distanze, nella metodologia di ricerca più ancora che in prese di posizione teoriche, dal lavoro dei pedagogisti. Molti classici della pedagogia  ottocentesca sono presenti nel catalogo, dal momento che essi costituivano fonti preziose per la sua riflessione. Non lo sono però troppi studi recenti, sul cui taglio e sulla cui utilità euristica Raicich nutriva dei dubbi. A questa affermazione il lettore troverà peraltro le dovute eccezioni: oltre ai lavori di Pazzaglia, gli piacevano quelli di Codignola, Cives, Gattullo, Visalberghi, Ragazzini, Egle Becchi, e naturalmente il repertorio di Chiosso.
Altro settore molto importante è quello sull’insegnamento della lingua italiana, anch’esso, come Raicich ha magistralmente messo in evidenza in più di un saggio, altamente politico. In tempi di riflessioni da un lato sulla costruzione della nazione e dall’altro sul multiculturalismo questa politicità dell’insegnamento della lingua non andrebbe dimenticata, e non se ne dovrebbe perdere la prospettiva storica.
Ma l’attenzione alla storia dell’istruzione in questo fondo tocca anche un terreno meno consueto: quello del romanzo. Da Meine Kinderjahre. Autobiographischer Roman di Theodor Fontane a La notte prima dell’esame di maturità di Vladimir Tendrjakov, qui presente nella traduzione einaudiana di Cesare De Michelis a Hans Crossa Adolescenza tradotto da Bonaventura Tecchi.
All’istruzione femminile Raicich aveva rivolto ben più di un pensiero. Comprò appena usciti i volumi di Françoise Mayeur e di Isabelle Bricard o L’institutrice du village di Huguette Bastide e cominciò a farsi un’idea di come fossero andate le cose in Italia. Sulle bancarelle di Via Martelli o del mercato dei Ciompi o ancora da Chiari e dai suoi librai reperì il copioso materiale che segnalava l’autonomia di questa tematica nel dibattito italiano, sia sul versante pedagogico che su quello politico e culturale. Fu anzi lui a promuovere, come direttore del Gabinetto Vieusseux, il progetto di una mostra e di un convegno che dopo le sue dimissioni non ebbe più spazio a Firenze e fu invece ospitata con grande generosità e con ottimi risultati dall’Università e dagli enti locali di Siena.
Fu  in buona parte su questi libri che Raicich preparò anche il suo intervento sull’accesso delle donne alla cultura superiore, poi pubblicato nel volume curato da Simonetta Soldani. E proprio alla sua biblioteca attingemmo largamente per allestire ai magazzini del Sale la mostra su Le donne a scuola: buona parte dei pezzi che nel catalogo sono indicati come proprietà privata potranno essere ritrovati qui, a cominciare dai periodici per l’infanzia e l’adolescenza di cui è così difficile ritrovare le collezioni, per finire poi con i classici come le riviste di educazione cresciute nella Toscana di Vieusseux e la stessa “Civiltà Cattolica”. Interessato – sia pure in prospettiva comparata – soprattutto all’Italia, Raicich lavorò molto sull’educazione e l’istruzione cattolica, nella forma dell’istituzione scolastica e della dimensione più teorica. Anche questo filone è qui ben testimoniato.
I lettori troveranno qui anche diversi volumi sull’Università, un altro dei temi che Raicich aveva cominciato a frequentare e sui quali aveva prodotto interventi che non ha mai completato per la pubblicazione, ma di cui esistono nel suo archivio – il cui inventario è stato completato e sarà presto pubblicato – appunti e scritti preparatori. Tra i tanti testi qui presenti, segnalo il volume celebrativo del centenario del Collège de France, gli studi di Edgar Bonjour sull’università di Basilea,  i discorsi inaugurali in vari atenei italiani, l’elenco degli alunni della scuola normale di Pisa – dove anche Raicich aveva studiato – per gli anni 1847 – 1970.
Infine c’è una sezione che segue il filo delle sue riflessioni sulla Morte educante, il suo importante lavoro incompiuto pubblicato su “Passato e Presente”. Raicich entrava così su un terreno che in Francia ha dato risultati preziosi con i ben noti lavori di Michel Vovelle, e lo esplorava nella sua dimensione italiana. Così si spiega la presenza di un libro come Dell’arte di ben morire del cardinale Bellarmino
Altri ancora potrebbero essere i fili segreti di questa raccolta da mettere in evidenza: la presenza, ad esempio, di una piccola biblioteca familiare: non altrimenti si spiega la presenza di un volume in ungherese, lingua che Marino Raicich non leggeva, ma che leggeva suo padre, italiano di cultura ma suddito Imperial Regio con un passato di studi a Gottinga, a cui probabilmente era appartenuto anche quel vocabolario tedesco latino del 1909 edito da Teubner. Sono fili che non è qui possibile ripercorrere tutti.
Meglio lasciare il compito di scoprirli – e di annodarne di nuovi – agli studiosi e ai lettori che con l’ausilio di questo prezioso strumento si avvicineranno a questo fondo prezioso, sicuramente una delle raccolte più importanti per la storia della scuola e dell’istruzione tra Otto e novecento.
La biblioteca di Raicich – questo ponte ideale tra Otto e Novecento – si arresta nell’anno della sua morte.
Sarebbe augurabile che questo fondo così ricco costituisse un polo di attrazione per altre collezioni analoghe o che almeno diventasse uno dei fuochi della politica di acquisti di questa biblioteca. La biblioteca della Facoltà di lettere di Siena potrebbe allora costituire in modo ancor più marcato un luogo di attrazione non episodico per gli studiosi di un settore, sul quale oggi più che mai è forse necessario che l’attenzione degli storici e quella per la dimensione politica si diano la mano.

Ilaria Porciani

La biblioteca di Marino Raicich è catalogata all’interno del catalogo in linea dell’Università di Siena