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Pier Paolo Pasolini

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PARRONCHI E LA «VIA DELL’UMANO»

L’ultimo libro di Alessandro Parronchi, Coraggio di vivere, stampato da Scheiwiller, è uno dei libri più belli di questi anni. Non ha l’aria della perfezione, perchè è un libro aperto, un po’ disordinato, e diaristico nel senso che ogni poesia è pressappoco la stessa poesia, ossia la stessa situazione d’esistenza che si ripete. La perfezione è, così, nascosta in un tono basso ma visibilmente elaborato, grigio ma non crepuscolare, discorsivo ma non facile, estroso, quando è il caso, ma non stravagante, limpido ma non ovvio. L’abilità tecnica, che per Parronchi data la sua formazione, coincideva – per restare a una terminologia recensiva – in un’accezione più mossa e sensibile della purezza ermetica, acquista in questo libro modi più tradizionali (con qualche passo indietro) rispetto all’Ermetismo, verso i vociani e i crepuscolari). La raffinatezza si maschera in una raffinatezza più “buona”. Quel tanto di sperimentale che pur permaneva nel tendenziale unilinguismo ermetico, qui assume toni infinatamente più affabili. […] Dall’agnosticismo ermetico che esauriva l’atto del conoscere nell’atto stesso del poetare, inteso come una forma assoluta, Parronchi qui pare accorgersi di possedere una vita interiore; e che di questa vita interiore egli ha fatto esperienza; e che questa esperienza, infine, è il fatto più importante della sua vita.
La gnosi è dunque una gnosi psicologica; una competenza del sistema dei sentimenti. Mentre, prima, la ricerca metafisica coincideva con la poesia – ed era un atto irrazionale ma squisito – ora la ricerca metafisica coincide con il cuore: continua a essere un atto irrazionale, ma, ora, patetica, “umano”. […] La “via dell’umano”, per un poeta come Parronchi, era l’unica via per evolversi, cioè per esistere.

Pier Paolo Pasolini, Passione e ideologia, Milano, Garzanti, 1994, pp. 501-503

 

PASOLINI

Lungo quella marina di rifiuti
e di sterpi batte la luna ancora
ma a te non importava del suo raggio.
Mi avevi detto: non m’importa più che tanto
delle vostre Sante Marie Novelle!
Ne ho abbastanza! – Così gracchiava il corvo
subentrato da tempo all’usignolo
della chiesa cattolica.
E tra le dune di un depresso lungomare
il delitto fu consumato. Da allora
La tua morte c’insegue, si sovrappone
alla nostra e alla tua vita, le soffoca.
Contro lei non c’è rivalsa.
É una catena che ha lasciato il segno
nella nostra carne di schiavi,
schiavi della parola e dell’idea.
Dell’idea forse a te non importava,
la parola la strapazzavi alquanto
per cause spesso giuste, con un impeto
che tutti t’invidiavano e che oggi
più nessuno possiede.
Pasolini, uomo d’orgoglio
saturo di felice incontinenza,
ci hai stregati tutti con la tua voce
caricata, ci hai ipnotizzati tutti
col tuo sguardo nascosto dagli occhiali
neri, col tuo volto fotogenico.
Usavi spingerti all’orlo della morte
e quando venne nessuno fu presente
a difenderti, e l’auto ti schiacciò.
Sul lungomare un cane ulula alla luna.
Pasolini… Un rimorso.

Alessandro Parronchi, Pasolini da C’è una strada in Le poesie, volume II, Firenze, Edizioni
Polistampa, 2000, p. 672